<<Mi sento così avvilita, stressata! Certe volte ho la sensazione che mi manchi l’aria. Vuole che io sia sempre con lui, ogni passo che faccio io, lo fa anche lui e io non riesco neanche a fare la spesa. Ci deve andare mia figlia, si immagini. Cosa posso fare secondo lei?>>
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E’ il pensiero della Sig.ra T., moglie di una persona malata di demenza da due anni, che ho avuto il piacere di seguire l’anno scorso nel suo percorso “MIAMO&MIPRENDOCURADITE”.
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Quando l’ho conosciuta era esausta: aveva chiesto di svolgere il percorso, perché “si stava lentamente consumando e desiderava ardentemente riprendere in mano la sua vita”. Cercava di fare tutto il possibile per il marito, con cui era sposata da 35 anni e che amava profondamente, ma a suo discapito. I pesi delle responsabilità, della cura così come della sofferenza e del senso di colpa erano troppo pesanti da gestire da sola.
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Ma ritornando al suo pensiero… capita anche a te questa situazione?
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Se sì, allora ti spiego perché succede e che cosa puoi fare per superare questo problema.
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Pronta/o?
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Via.
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Ci sono due fattori che possono creare una situazione del genere, uno legato al malato e uno al caregiver.
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Da una parte, per gestire il problema dell’orientamento, ma anche sedare la sua stessa ansia, il malato di demenza cerca sempre la persona che ritiene essere “il suo punto di riferimento”. Questo succede molto spesso ad esempio nella relazione marito-moglie.
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Dall’altra, il caregiver, preoccupato da una possibile reazione di disorientamento del malato e quindi per evitargli ogni problema, soddisfa questo suo desiderio.
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Risultato?
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Ovviamente, si crea un legame di dipendenza, difficile poi da gestire, molto difficile. La soluzione per ovviare al problema dell’ammalato diventa essa stessa il problema.
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Solo per farti un esempio: alcuni miei pazienti che arrivavano in reparto cercavano perennemente la moglie (ovviamente caregiver unico e su cui gravava tutto il peso della cura) e menavano di brutto proprio perché non riuscivano a trovarla. Erano necessari diversi giorni e tante strategie per gestire queste situazioni e soprattutto per creare una relazione di fiducia con queste tipologie di ospiti.
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Ma ritorniamo a noi.
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Quindi, più il malato è dipendente dal caregiver, maggiore sarà la difficoltà per quest’ultimo di ritagliarsi del tempo per sé e come dice la Sig.ra di “respirare”.
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Come ha superato questo suo problema la Sig.ra T?
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Attraverso due strategie, una pratica e una più personale:
Strategia Pratica: ha chiesto l’aiuto ad una sua familiare, una nipote, di cui si fidava. All’inizio, lei appariva come un ospite e stava con entrambi. Poi, con il passare dei giorni, ha sempre più preso confidenza con l’ammalato, mentre la moglie svolgeva le faccende di casa. Passate due settimane, mentre la moglie andava fuori a fare le sue cose, il marito rimaneva serenamente con la nipote ed era anche molto contento.
Strategia Personale: la Sig.ra T ha dovuto lavorare per diverse sessioni del suo percorso “MIAMO&MIPRENDOCURADITE” sui temi del senso di colpa, sulla paura di perdere l’amore di suo marito e tanto altro ancora, perché la bloccavano e non le permettevano di vivere meglio la sua vita.
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Ovviamente, la strategia pratica senza un lavoro personale può anche funzionare (ci metto però tanti punti interrogativi???), ma diventa un altro peso per il caregiver, chiamato a gestire ogni sorta di problema sia con l’ammalato che con se stesso.
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Non nascondo che mi ha fatto molto piacere quando, alla fine del percorso, la Sig.ra T. ha condiviso con me questo suo pensiero:<<So che la strada è dura e che la malattia c’è, ma ora so che posso essere d’aiuto a mio marito anche in un modo diverso, che faccia stare bene lui, ma anche me>>.
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E tu, sei pronta/o ad aiutare il tuo caro/a e te stesso/a in maniera diversa?
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Ti aspetto nei commenti.
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